mercoledì 24 aprile 2013

Giovanna d'Arco - Maratona Verdi 2013 - XII

O Scala, addio!

Oggi eccoci giunti al primo dei due appuntamenti di questa settimana con la nostra rubrica dedicata a Verdi.
Partiamo dunque con Giovanna d'Arco, settima opera nel catalogo del compositore.
L'opera in esame è propriamente un dramma lirico in tre atti e prologo, su libretto di Temistocle Solera, il quale trasse ispirazione dal dramma La Pulzella d'Orléans di Friedrich Schiller. Il libretto si presenta drammaturgicamente poco efficace.

La prima si tenne alla Scala di Milano il 15 febbraio 1845.



Storia
Al Teatro Argentina, con I due Foscari, Verdi ottenne un discreto successo; si spostò, successivamente, a Milano e per l'apertura del carnevale del '45 si ebbero I Lombardi  e poi la Giovanna. Il soggetto non piaceva troppo al compositore e sul palcoscenico gli interpreti diedero una prova eccelsa. 
Merelli vendette il libretto a Ricordi senza nemmeno interpellare l'autore e così, a causa di questo ed altri motivi il Maestro decise di dire addio all'ambiente scaligero per ventiquattro anni, dopo i quali tornò con una Forza del Destino rimaneggiata e messa appunto nella sua forma definitiva. 
Dopo sei anni di composizione questa era una delle migliori opere scritte - tra l'altro in pochi mesi - dal genio di Busseto fino a quel momento, ma risultò comunque un grande insuccesso. 
L'opera ha una durata di circa due ore e è ambientata nella Francia del 1429.


Drammatis Personae
Carlo VII, re di Francia - tenore
Giovanna, figlia di Giacomo - soprano
Giacomo, Pastore in Dom-Remi - baritono
Delil, Ufficiale del re - tenore
Talbot, supremo comandante degli inglesi - basso
Ufficiali del Re,Popolo di Remis, Soldati francesi, Soldati inglesi, Spiriti eletti, Spiriti malvagi, Grandi del regno, Araldi, paggi, fanciulle, Deputati, Cavalieri e Dame, Magistrati.

Trama 
Prologo
E’ il 1429. Cittadini e ufficiali di Carlo VII re di Francia temono la disfatta totale nel conflitto con l'Inghilterra: Orléans ancora resiste ma è ormai allo stremo. Sopraggiunge Carlo: afflitto dal pensiero delle sofferenze del suo popolo comunica la sua intenzione di arrendersi al nemico: ha sognato un luogo in mezzo alla foresta in cui si trovava una immagine dipinta della Vergine che gli ordinava dì deporre ai suoi piedi l'elmo e la spada. Gli abitanti del luogo confermano l'esistenza dell'immagine. del sogno in un luogo in mezzo alla foresta frequentato di notte da demoni e streghe. Carlo non vuole credere che dove si trova un'immagine sacra possano incontrarsi anime dannate: vi si recherà al più presto per invocare aiuto dalla Vergine.
Nella selva davanti alla cappella della Vergine Giacomo, padre di Giovanna, è turbato: sua figlia passa in quel luogo molte notti ed egli teme che abbia ceduto l'anima al demonio. Decide di nascondersi in una caverna nei pressi per scoprire la verità. Arriva Giovanna, afflitta per la sorte in cui versa la Francia: essa non chiede altro che poter affrontare il nemico sui campi di battaglia e prega la Vergine di concederle le armi per difendere la propria patria. Dopo la preghiera, la fanciulla si addormenta. Sopraggiunge Carlo che rimane sorpreso nel riconoscere il luogo del sogno. E’ Giovanna che intanto sogna: dapprima un coro di spiriti malvagi la invita a godersi la sua bellezza e gioventù; poi un coro dì anime beate le annuncia che il cielo ha accolto la sua preghiera e le concede le armi per salvare la Francia: ma guai se non manterrà il cuore puro da ogni affetto terreno. Giovanna si desta e riconoscendo il re Carlo lo esorta a non arrendersi al nemico: lo invita quindi a seguirla sui campi di battaglia dove lo porterà alla vittoria.
Giacomo, vedendo i due parlare insieme, si convince che Giovanna, per amore del re, abbia ceduto la sua anima al demonio. Fa per fermarli ma si accascia per il grave dolore.
(atto I) Dopo la tremenda sconfitta inferta dalle truppe francesi guidate di Giovanna, i soldati inglesi esortano il loro comandante Talbot a ordinare la ritirata. Giunge il campo Giacomo quasi impazzito dal dolore: viene a denunciare sua figlia e chiede di combattei e contro Carlo che l'ha sedotta: promette che prima di sera consegnerà Giovanni agli inglesi purché puniscano la sua empietà. Ormai conclusa la sua missione, Giovanna sente la nostalgia dei luoghi dove ha vissuto; decide quindi di partire Ma sopraggiunge Carlo che la trattiene confessandole il suo amore. Giovanna è commossa e dopo una prima resistenza ammette anch'essa il suo amore per lui. Ma voci dal cielo le ricordano il suo destino: deve rinunciare a ogni affetto terreno. Carlo che non ha udito le voci è sorpreso nel vederla turbata e tremante. In quel momento giungono gli ufficiali del re per invitarli a raccogliere gli onori della folla: Carlo sarà incoronato ed egli desidera che sia Giovanna a porre la corona sul suo capo e a condividere la gloria. La fanciulla, non più padrona di se stessa segue Carlo passivamente, in preda al rimorso per la sua colpa. Un coro dì spiriti malvagi che inneggia a Satana e alla sua vittoria sulla purezza, assale l'anima di Giovanna.
(atto II) Il popolo in festa si prepara all’incoronazione cantando le prodezze della vergine guerriera. Il corteo, che accompagna Carlo e Giovanna, entra nella cattedrale di San Dionigi per il sacro rito. Fuori attende Giacomo che, dimentico dell’amore paterno e puro strumento della volontà divina, è pronto ad accusare Giovanna. Uscito il corteo dalla cattedrale, Giacomo vede nel volto turbato della figlia la conferma ai suoi sospetti: si scaglia quindi furibondo contro di lei e l'accusa di empietà davanti al re e al popolo. Giovanna, nonostante Carlo la supplichi di discolparsi, non apre bocca e rinuncia ad ogni difesa. Tuoni e fulmini improvvisi sembrano confermare le accuse di Giacomo: la folla, terrorizzata, già vede in Giovanna una strega. La fanciulla, in lacrime, si getta tra le braccia del padre, che le offre le fiamme del rogo per salvare la sua anima. Carlo dispera di poterla aiutare mentre il popolo, dimentico delle gesta di Giovanna, rinnega l'empia che avrebbe contaminato la gloria della Francia. (atto III) Giovanna, in catene, attende di andare al rogo. Sente i rumori della battaglia che infuria e, ispirata dal cielo, vede quello che accade. Intanto Giacomo entra e si ferma, non visto, a osservare la figlia. Essa vede Carlo circondato dagli Inglesi che stanno per sconfiggerlo: prega Dio di non abbandonarla e gi affida il suo cuore: amò è vero, ma per un solo istante, rimanendo pura. Giacomo che ha udito la sua preghiera, comprende di aver accusato ingiustamente la figlia e accorre a liberarla. Giovanna chiede al padre di benedirla, afferra la spada e corre al campo di battaglia. Giacomo dalla torre la vede in sella ad un bianco destriero salvare il re e guidare l'esercito francese alla riscossa.
Alla torre arriva Carlo, mandato di Giovanna a difendere suo padre; ben presto giunge la notizia che gli Inglesi sono in rotta ma Giovanna è morta. Carlo e Giacomo sono in preda al più grande dolore, quando arriva il corteo funebre che accompagna la salma della vergine. All’improvviso Giovanna apre gli occhi e, come mossa da una forza soprannaturale, si solleva: prende dalle mani di Carlo le insegne dei francesi e dà l'addio alla terra e alla gloria mortale. Non appena l'eroina muore, una luce astrale si diffonde in cielo tra l'esultanza delle anime beate e il tormento degli spiriti malvagi.
(tratta del web)

Analisi, curiosità e guida all'ascolto
Ho trovato un'interessante analisi di quest'opera in questo sito, eccone una parte[, per continuare a leggerla cliccate di seguito].
I debiti nei confronti di Schiller presenti nel libretto di Temistocle Solera sono essenzialmente due: l’accettazione della morte di Giovanna ferita in battaglia (evitando all’eroina l’orrore del rogo con tanti saluti alla verosimiglianza storica, dato che la vera Jeanne Darc morì bruciata viva ad appena 19 anni) e l’inserimento del padre di Giovanna come accusatore implacabile della figlia. Il personaggio dell’inglese Lionel, di cui Giovanna si innamora, viene eliminato, al pari della figura di Agnes Sorel (favorita del re): una scelta che rendeva praticamente obbligatorio inserire l’intreccio amoroso tra i protagonisti rimasti, ovvero la pulzella e il re medesimo. Una volta accettata la palese incongruenza storica (al pari della figura di Giacomo, padre di Giovanna, che passa abbastanza disinvoltamente e allegramente dal campo inglese a quello francese senza incontrare particolari resistenze) bisogna riconoscere che il plot drammaturgico non è privo di una sua rozza efficacia e si comprende come Verdi dovesse essere interessato da alcuni dei punti salienti del dramma:
  • la presenza di una figura femminile eroica e combattente, degna parente di Abigaille in Nabucco (altra donna guerriera), Giselda nei Lombardi alla Prima Crociata ed Elvira nell’Ernani;
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Sulla vita e sulle composizioni di Giuseppe Verdi circolano numerosissime leggende, quindi spesso è difficile distinguere il vero da quello che è stato magari inventato e abbellito per rendere più attraente la biografia: anche su una delle sue opere degli "anni di galera", la Giovanna D'Arco, esiste un racconto di cui si è spesso discusso in merito proprio alla veridicità. Verdi sta infatti tornando da Roma, città in cui ha rappresentato pochi giorni prima I due Foscari. È il 7 novembre del 1844 e il viaggio in carrozza da Roma a Milano si rivelò più difficile del previsto a causa delle condizioni atmosferiche.
Ogni dettaglio venne reso noto da un periodico piuttosto letto a quell'epoca, La Fama. Secondo quest'ultimo, il compositore bussetano era sotto pressione per il molto lavoro da completare e questo elemento, insieme ai pericoli vissuti nell'attraversare l'Appennino Umbro-Marchigiano, gli avevano fornito l'ispirazione per il nuovo dramma lirico che avrebbe rappresentato pochi mesi dopo alla Scala di Milano. Se si ascolta bene questo preludio ci si accorge piuttosto agevolmente degli effetti stereofonici creati ad arte da Verdi, come la prima nota che assomiglia a un tuono che preannuncia un tremendo temporale e i colpi di grancassa che lasciano intuire degli eventi climatici poco piacevoli.

Purtroppo, esiste una smentita ufficiale da parte di Verdi, forse infastidito per i numerosi episodi e aneddoti raccontati sul suo conto già in quel periodo in cui aveva composto appena sei opere: eppure, a questa notizia-racconto si può credere per alcuni validi motivi. Anzitutto, è Emanuele Muzio, fedele collaboratore e unico allievo del bussetano, a raccontare con dovizia di particolari questo fatto ad Antonio Barezzi, benefattore e suocero del musicista, sottolineando chiaramente come l'ispirazione della sinfonia fosse avvenuta proprio in mezzo ai dirupi, aggiungendo una locuzione eloquente, come ben sa. Dunque, anche Barezzi conosceva già l'aneddoto. Inoltre, Verdi leggeva le lettere di Muzio, quindi se avesse voluto cancellare quel riferimento poteva benissimo richiederlo, il suo allievo pendeva direttamente dalle sue labbra.
Un altro valido motivo è il luogo in cui è avvenuta questa ispirazione e in tal caso possono aiutarmi le mie origini. Fin da quando sono nato, infatti, frequento con regolarità (soprattutto d'estate) il confine tra Umbria e Marche, quindi anche questo famoso appennino, dato che ho molti parenti lì. Posso pertanto confermare che la zona è quanto di meno consigliabile valicare soprattutto in autunno inoltrato, quando il tempo è pessimo e la neve comincia a incombere, di conseguenza riesco a immaginare bene i trasporti del 1844, già piuttosto scomodi e faticosi, con in più le difficoltà di una frana (viene menzionata quella presso le Gole del Furlo) e di un temporale. È proprio il caso di dire che quella giornata di tregenda deve essere proprio "benedetta", dato che la sinfonia è uno dei pezzi più apprezzati della Giovanna D'Arco, opera verdiana spesso snobbata per il suo libretto un po' astruso e le trovate sceniche che non convincono del tutto: la musica di Verdi, però, è fiammeggiante e riesce a conquistare con ogni nota, tanto è vero che il compositore non ha esitato ad abbondare con marce, cori interni, processioni e altri effetti musicali. Comunque siano andati i fatti, quando Verdi ritornò a Milano da Roma aveva una ouverture già pronta, o almeno parecchie note che la facessero considerare in una fase molto avanzata.
Sono due i riferimenti di Muzio al viaggio. Quest'ultimo, era arrivato a Milano un'ora prima del bussetano, ma riferirà a Barezzi quanto segue: Il signor Maestro sta bene; ma appena arrivato aveva tutte le sue ossa fracassate, non ne poteva più dalla stanchezza. Il 9 dicembre di quel 1844, poi, ecco che il giovane allievo ritorna a parlare dell'opera: Nessuna Giovanna ha mai avuto musica più filosofica e più bella. La terribile introduzione (ispirazione avvenuta come ben sa in mezzo ai dirupi), il magnifico pezzo "Maledetti cui spinse rea voglia", sono due cose da far trasecolare ogni pover'uomo. Di solito, si è abituati a snobbare racconti così particolari, in quanto si crede che la biografia di un compositore venga abbellita per renderla più accattivante, ma non c'è nulla di male e di bizzarro nel pensare che uno dei geni musicali italiani abbia preso spunto dalla natura per creare una sinfonia che ancora oggi possiamo apprezzare.


Discografia 
1951 Renata Tebaldi, Carlo Bergonzi, Rolando Panerai - Alfredo Simonetto
1951 Renata Tebaldi, Gino Penno, Ugo Savarese - Gabriele Santini
1972 Montserrat Caballé, Placido Domingo, Sherrill Milnes - James Levine
1972 Katia Ricciarelli, Flaviano Labò, Mario Zanasi - Carlo Franci
1974 Katia Ricciarelli, Flaviano Labò, Mario Sereni - Bruno Bartoletti
1990 Susan Dunn, Vincenzo La Scola, Renato Bruson - Riccardo Chailly
1996 June Anderson, Gegam Grigorian, Carlo Guelfi - Eve Queler
2001 Mariella Devia, Ivan Movirov, Franco Vassallo - Nello Santi


Spartito, parti e partitura qui.
Libretto in pdf  qui 

Documenti
Bozzetti e figurini.
Piccola analisi in formato pdf.
Alessandro Taverna - Traviata d’Orléans



A presto!




 Le foto sono del Festival Verdi 2008 - Teatro Regio di Parma (Coro - Vassileva - Bruson) 



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